Aniela Rodríguez |
Il problema dei tre corpi
Sono
passati centoventidue anni da quando un gruppo di allievi dell’Università di
Cambridge fondò «Granta», rivista semestrale che a metà del ’900 avrebbe acquistato
una dimensione internazionale e sarebbe diventata un punto di riferimento per agenti
ed editori grazie alle decisione di dedicare un numero a venti autori di lingua
inglese individuati come i migliori fra quelli non ancora quarantenni,
delineando così una sorta di canone futuro. Da allora l’iniziativa si ripete
con cadenza decennale e ormai non riguarda soltanto la letteratura in inglese: da
tempo, infatti, la rivista ha una “gemella” spagnola, che nel 2010 ha compilato
una prima e interessante lista di scrittori ispanofoni.
Trascorsi
dieci anni, è ora il turno di altri venticinque “giovani narratori in spagnolo”
che secondo «Granta» esprimono nel modo migliore alcune tendenze generazionali,
come la crescente importanza dello humor nero e della satira, la sperimentazione
formale, l’attenzione per culture diverse (comprese quelle dei popoli originari),
la rappresentazione realistica o allegorica delle disuguaglianze, della
violenza, della corruzione, della difficile condizione femminile, fino all’elaborazione
di traumi collettivi del passato e alla riflessione sul ruolo della letteratura
e dell’arte. Indicando scrittori provenienti da dodici paesi, la giuria di «Granta»
ha sottolineato inoltre il trionfo dello “spagnolo plurale”, che cattura il
suono e le infinite varianti di una lingua parlata in contesti geografici e
sociali differenti: una polifonia comune a quanti figurano nella nuova
selezione, alcuni dei quali godono già di una certa fama, come i cileni Diego
Zúñiga e Paulina Flores, l’ecuadoriana Mónica Ojeda, il messicano Mateo García
Elizondo, il cubano Carlos Manuel Álvarez e la formidabile spagnola Cristina
Morales, tradotti anche in Italia.
La
maggior parte degli autori prescelti sono però quasi sconosciuti, come la
giovane messicana Aniela Rodríguez, che debutta nelle nostre librerie con Il problema dei tre corpi (traduzione di
Annalisa Rubino, gran
vía pp. 110, e. 13), proprio in casuale e
fortunata coincidenza con la notizia del suo inserimento nella lista, nonostante
l’esiguità di un’opera che comprende solo due raccolte di racconti e una di
versi.
Il
titolo rimanda con ogni evidenza al celebre problema enunciato da Isaac Newton,
ma nelle nove storie che compongono il volume si parla di corpi ben diversi da
quelli celesti: come orbitano gli uni attorno agli altri, per esempio, due adolescenti e un’ anziana vedova “fermentata in un’eterna
depressione”? Oppure un marito furioso e armato, una sposina fedifraga e il
prete che l’ha ingravidata? O un giovane sicario, le figure misteriose cui sta
rilasciando una confessione e il suo capo che vuole punirlo per aver
disobbedito durante un’imboscata nemica? E quale sarà l’orbita di un
rapinatore imbottito di droga e travestito da Batman che assale una farmacia, o
di un muratore caduto da impalcature pericolanti che muore lentamente in
ospedale, immerso in un tempo senza tempo, mentre il medico che dovrebbe
curarlo gli insidia la moglie?
I
racconti esplorano voci, personaggi e spazi ai margini, narrando vicende molto
diverse i cui sfondi innominati ma riconoscibili sono il nord del Messico
(Aniela Rodríguez è nata a Chihuahua, in una zona assediata dal crimine
organizzato) e una società intrisa di violenza: quella estrema subita dalle
donne, quella del narcotraffico, del lavoro precario, di una miseria senza vie
d’uscita e di una religiosità popolare sfruttata da feroci imbroglioni.
Narcos,
prostitute, santoni, adolescenti di periferia, ex idoli del calcio e contadini
poveri (ma anche illusi che si accompagnano a scienziati folli, o uomini
traditi che piangono senza sosta la propria tristezza solo dall’occhio
sinistro), affrontano l’ingiustizia e l’abuso come e finché possono, sanno che
la vita è una catena interminabile di brutalità e imparano a convivere con la
paura e ad accettare la morte.
Una
prosa diretta e pungente va di pari passo con l’asprezza dei temi e delle
situazioni, ma non rifugge da dettagli poetici e ricorre spesso a un sottile
senso dell’umorismo, sostenendo abilmente strutture narrative complesse e mai
banali, che alterano l’ordine cronologico, mescolano incubi e realtà, alternano
voci narranti, punti di vista, monologhi interiori e descrizioni incisive, inseriscono
nel cuore dell’azione riflessioni e immagini al rallentatore, stupiscono con
svolte della trama e piccole alterazioni della normalità che all’improvviso
cambiano il corso di un’esistenza. Molti hanno descritto la narrativa di Rodríguez
come orbitante intorno al glorioso pianeta Juan Rulfo, ma il paragone suona
improprio: anche se non dimentica la tradizione letteraria del suo paese (e, in
particolare, quella dei grandi narratori norteños), lo
sguardo e la tecnica narrativa dell’autrice sono intensamente contemporanei e
si esprimono attraverso una scrittura già così personale e riconoscibile da sfuggire
all’attrazione di altri “corpi celesti”.
Questo articolo è apparso
sul quotidiano Il manifesto nell’aprile del 2021