lunedì 13 gennaio 2020

Da tradurre: Dolores Reyes


Dolores Reyes



La ragazza che mangiava la terra

Tra premi internazionali, apprezzamento della critica e traduzioni, il 2019 è stato un anno davvero importante per le scrittrici argentine, al punto che si è parlato, forse con eccessiva precipitazione, di un nuovo fenomeno letterario ed editoriale, che accosta a nomi già noti altri nuovi e promettenti. Su tutti spicca quello di Dolores Reyes, nata nel 1978 a Buenos Aires e autrice di Cometierra, opera prima il cui considerevole successo (tre edizioni in poco tempo e vendita dei diritti in cinque paesi) è nato da un passaparola entusiasta che ha finito per richiamare l’attenzione dei critici, dei media e degli editori stranieri: un fatto inusuale per un’esordiente del tutto sconosciuta, e per di più estranea agli ambienti della cultura porteña.

Maestra elementare in quartiere difficile, madre di sette figli (il primo lo ha avuto a diciassette anni), femminista militante sin da ragazzina, lettrice instancabile, Reyes è approdata a un laboratorio di scrittura solo dopo la fine del suo matrimonio, decisa a riscattare una vocazione germogliata ai tempi della scuola ma subito messa da parte. E trovare il tempo per scrivere, riscrivere e limare il suo quasi perfetto romanzo d’esordio è stato tutt’altro che facile: come ritagliarsi qualche ora di solitudine e concentrazione, se non alzandosi alle quattro del mattino? Il risultato è un libro implicitamente politico, che non cade mai nella tentazione della pura denuncia e racconta con raffinatissima semplicità la storia di un’adolescente capace di “vedere”, quando inghiotte una manciata di terra (principio femminile in tutte le culture), l’assassinio e la sepoltura dei nuovi desaparecidos: bambini, ragazze violate e uccise, donne morte – come sua madre – per mano del compagno, vittime che la polizia tiene in scarso conto e alle quali la giustizia viene spesso negata.

In Cometierra, ambientato in una metropoli desolata e spettrale (“Le geografie del libro sono le mie, quelle del Conurbano”, rivela l’autrice, che è nata, vive e insegna negli sterminati suburbi di Buenos Aires), Reyes riesce a eludere le trappole del romanzo a tesi, evita l’esibizione di corpi straziati e sfiora il noir, il gotico e il fantastico, affidandosi a un linguaggio lirico e insieme popolare che restituisce con estrema efficacia una stagnante atmosfera di violenza, diseguaglianza, ingiustizia, e che ha coinvolto e travolto migliaia di lettori.

Lo sguardo è quello di chi tutto questo lo vede ogni giorno da vicino, “in un luogo dove ogni anno si uccidono delle ragazze”, come sottolinea l’autrice stessa in un’intervista, aggiungendo: “Volevo costruire un racconto che parlasse di quanto ci mancano quelle ragazze e dell’orrore che ci stiamo abituando a vivere”. Ma lei no, non è mai riuscita ad abituarsi, e il suo libro lo dice sin dalla dedica: “Alla memoria di Melina Romero e Araceli Ramos”, giovanissime vittime abbandonate tra la spazzatura, corpi che ora sono sepolti a poche centinaia di metri dalla scuola dove Reyes lavora, presenze/assenze con cui è inevitabile fare i conti.

 
Questo articolo è apparso sul quotidiano il manifesto il 31 dicembre del 2019