giovedì 24 giugno 2021

Da tradurre: Adolfo Bioy Casares

 



Storia di un angelo vendicatore

Era il 19 marzo 1978 quando Adolfo Bioy Casares scrisse nel suo diario: “… Silvina mi annuncia la morte di Johnny Wilcock. Vado a piangere in bagno: Johnny è morto a Lubriano, di infarto, proprio mentre leggeva un libro sull’infarto cardiaco. Penso che dovrei scrivere i miei ricordi di Johnny. L’idea di non vederlo più e di non parlare più con lui mi rattrista molto”. Con questa annotazione si concludono tanto la storia della lunga e intensa amicizia tra la coppia Bioy Casares-Ocampo e Juan Rodolfo Wilcock, quanto il nuovo libro che il curatore delle opere di Bioy, Daniel Martino, ha costruito a partire dai diari del grande scrittore argentino scomparso nel 1999, insieme al quale aveva compilato le oltre milleseicento pagine di quell’insostituibile testimonianza che è Borges (Editorial Destino 2006).

Intitolata semplicemente Wilcock (Emecé, pp. 236) e appena uscita in Argentina, l’opera è modellata proprio su questo monumentale precedente e oltre ai brani di diario include lettere e numerose fotografie scattate da Bioy e Silvina, disegnando un prezioso ritratto dello scrittore, poeta, traduttore, drammaturgo e critico che, nato in Argentina nel 1919, si trasferì in Italia nel 1957 e scrisse in italiano buona parte di un’ opera fuori del comune, cui è dedicato il recente L’eternità immutabile, raccolta di saggi a cura di Roberto Deidier e Giorgio Nisini (Quodlibet, pp.148).

Il “montaggio” di Daniel Martino, oltre a far luce sulla giovinezza di Wilcock, ce ne restituisce il carattere singolare, l’intransigenza, i giudizi sferzanti, l’intelligenza affilata, e mostra anche il rapido mutare del giudizio di Bioy, in un primo momento negativo (“Wilcock è avido, fosco, sdegnoso”). Nonostante i due apparissero così diversi (Bioy solare e seduttivo, Wilcock pungente e mercuriale, un vero “angelo vendicatore”) sarebbero diventati, dice Martino, “quasi fratelli”, accomunati dalla visione della realtà come caos e dall’ossessione per la mortalità: “Johnny vuole affannosamente sopravvivere, morire il meno possibile…” scrive Bioy nel ’67. “Conserva tutto ciò che ha scritto (…) anche le brutte copie e le brutte copie delle brutte copie. Forse lascia i materiali di tutto ciò che via via è stato, perché nulla manchi all’ora di ricostituirlo e resuscitarlo”. A “ricostituirlo” e, in un certo senso, a riportarlo nella patria cui aveva voltato le spalle, provvedono ora i diari e le lettere di Bioy Casares.

 

 

Questa nota è apparsa sul quotidiano Il manifesto nel giugno del 2021