Lucía Lijtmaer
Ofendiditos di tutto il mondo, unitevi
Casa
editrice nata nel 1969 a Barcellona e protagonista, all’epoca, di numerosi scontri
con l’ancora imperante censura franchista, Anagrama è arrivata al suo cinquantesimo
compleanno con un catalogo di quattromila titoli tra letteratura e saggistica, due
famosi premi letterari (cui quest’anno si è aggiunto quello per la crónica,
cioè il giornalismo narrativo, intitolato al messicano Sergio González Rodríguez)
e un intatto livello di qualità, sul quale continua a vegliare il fondatore Jorge
Herralde, nonostante abbia ormai ceduto la sua creatura al Gruppo Feltrinelli. Uno
dei primi frutti della stretta collaborazione tra Herralde e Silvia Sisé, la nuova
direttrice editoriale, sono i Nuevos Cuadernos Anagrama, che fanno diretto riferimento
a una delle principali collane degli inizi: piccoli ed eleganti volumi dalla copertina
monocroma, dedicati a brevi saggi che esplorano le inquietudini del presente in
modo incisivo e polemico.
Tra
le uscite più recenti e, in qualche modo, più necessarie, c’è Ofendiditos. Sobre
la criminalización de la protesta (pag. 96, e. 8,90) di Lucía Lijtmaer, scrittrice
e giornalista poco più che quarantenne, nata Buenos Aires ma cresciuta a Barcellona:
un testo graffiante e non privo di umorismo, il cui titolo, intuitivamente comprensibile,
non è però facile da tradurre.
In
seno a una ormai diffusa narrazione “controriformista” e reazionaria, connotata
dai toni del cinismo o dello scherno, in Spagna il termine è usato per squalificare
chi difende diritti civili che si credevano solidamente acquisiti, o rigetta stereotipi
e pregiudizi che si speravano sepolti, o non accetta comportamenti e discorsi sessisti
e razzisti, o protesta contro le mille reincarnazioni del fascismo e le offese nei
confronti delle minoranze, in qualunque forma si manifestino. Buonisti, censori,
neopuritani, moralisti e musoni: questi sarebbero gli ofendiditos, secondo
coloro che si presentano come coraggiosi anticonformisti pronti a sfidare la “dittatura”
del politicamente corretto. Ma la verità, sottolinea l’autrice, è che non esiste
discorso più funzionale al potere e più egemonico della scorrettezza politica, che,
ove pubblicamente rintuzzata, cerca di liquidare qualsiasi dibattito politico e
culturale con un minaccioso ghigno derisorio. Lo sappiamo fin troppo bene anche
noi, ofendiditos d’Italia, che, quotidianamente innaffiati dalla pioggia
degli sprezzanti bacioni di Salvini, confidiamo in una pronta traduzione del saggetto
di Lijtmaer.
Questo articolo è apparso sul quotidiano Il manifesto nel luglio del 2019