martedì 10 settembre 2019

Da tradurre: Álvaro Enrigue

Álvaro  Enrigue


Ora mi arrendo, e questo è tutto

Si ignora se verrà tradotto in italiano, ma esiste un altro e differentissimo racconto dello stesso viaggio narrato da Valeria Luiselli. Ne è autore Álvaro Enrigue, scrittore messicano di notevole valore ed ex marito dell’autrice di Archivio dei bambini perduti, nonché “originale” del padre che, mentre guida, narra ai bambini le sconfitte degli Apaches Chiricahua e dei loro capi Geronimo e Cochise. In Ahora me rindo y eso es todo, insolito romanzo storico pubblicato l’anno scorso da Anagrama, Enrigue unisce il resoconto quasi diaristico di vicende familiari e personali alla complessa narrazione su una cautiva bianca e sull’ufficiale messicano che, dopo averla tanto cercata, la lascia libera di fondersi con l’alterità Apache.

La lettura parallela di questi due libri così diversi per stile, intenti e impostazione, eppure curiosamente speculari, consente di mettere a confronto non solo e non tanto due scritture, ma due modi di porsi nei confronti di temi come l’identità, la migrazione, il colonialismo, il razzismo, il progetto neoliberista che prevede la cancellazione degli “inutili”. Mentre Luiselli – che, in bilico tra mondi diversi, sembra optare per un’identità culturalmente e linguisticamente fluida e composita – trascina il lettore nella perpetua evoluzione di un presente instabile, senza interrogarsi sulle cause ma rappresentandone magistralmente gli effetti, Enrigue (due volte desterrado, in quanto figlio di un’esule catalana in Messico) pur consapevole dei privilegi che gli assicura la sua situazione di intellettuale espatriato, continua a percepirsi come migrante, si azzarda a rivendicare la propria “messicanità” e, mettendo in scena la migrazione forzata di una tribù a lungo indomabile, scava nel passato  per decifrare il presente con gli strumenti di un immaginario indubbiamente politico.

  

Questo articolo è apparso sul quotidiano Il manifesto nell’agosto del 2019