Álvaro Enrigue
Ora mi arrendo, e questo è tutto
Si ignora se verrà tradotto in italiano, ma
esiste un altro e differentissimo racconto dello stesso viaggio narrato da Valeria
Luiselli. Ne è autore Álvaro Enrigue, scrittore messicano di notevole valore ed
ex marito dell’autrice di Archivio dei bambini
perduti, nonché “originale” del padre che, mentre guida, narra ai bambini le
sconfitte degli Apaches Chiricahua e dei loro capi Geronimo e Cochise. In Ahora
me rindo y eso es todo, insolito romanzo storico pubblicato l’anno scorso da
Anagrama, Enrigue unisce il resoconto quasi diaristico di vicende familiari e personali
alla complessa narrazione su una cautiva bianca e sull’ufficiale messicano
che, dopo averla tanto cercata, la lascia libera di fondersi con l’alterità Apache.
La lettura parallela di questi due libri così
diversi per stile, intenti e impostazione, eppure curiosamente speculari, consente
di mettere a confronto non solo e non tanto due scritture, ma due modi di porsi
nei confronti di temi come l’identità, la migrazione, il colonialismo, il razzismo,
il progetto neoliberista che prevede la cancellazione degli “inutili”. Mentre Luiselli
– che, in bilico tra mondi diversi, sembra optare per un’identità culturalmente
e linguisticamente fluida e composita – trascina il lettore nella perpetua evoluzione
di un presente instabile, senza interrogarsi sulle cause ma rappresentandone magistralmente
gli effetti, Enrigue (due volte desterrado, in quanto figlio di un’esule
catalana in Messico) pur consapevole dei privilegi che gli assicura la sua situazione
di intellettuale espatriato, continua a percepirsi come migrante, si azzarda a rivendicare
la propria “messicanità” e, mettendo in scena la migrazione forzata di una tribù
a lungo indomabile, scava nel passato per
decifrare il presente con gli strumenti di un immaginario indubbiamente politico.
Questo articolo è apparso sul quotidiano Il
manifesto nell’agosto del 2019