mercoledì 13 ottobre 2021

Da tradurre: Miguel Martínez del Arco

 


Miguel Martínez del Arco



L’allegria come orizzonte 

Figlia di una ragazza madre analfabeta, unica della sua famiglia ad arrivare fino alle soglie dell’università, comunista sin da giovanissima, imprigionata a ventun anni, uscita dalle carceri franchiste a quaranta, compagna per sempre di Ángel Martínez, dirigente sindacale di cui si innamorò durante il loro comune processo (tra tutti e due scontarono complessivamente quarantaquattro anni), Manoli del Arco è stata una militante fino all’ultimo giorno della sua vita, che ha incluso fughe rocambolesche, false identità, resistenza mai piegata, costante attività politica e sociale. Ed è stata anche una madre, perché nonostante le lesioni all’utero provocate dalla tortura, una volta ritrovato il suo compagno ha avuto un figlio che ha trascorso l’infanzia e la prima adolescenza in una Spagna mai stanca di perseguitare i suoi genitori, usciti di prigione solo per “entrare in un carcere più grande”, almeno fino a una Transizione ipocritamente pacificatrice.

Manoli è scomparsa nel 2006 a ottantasei anni, e in questi giorni suo figlio, il sociologo Miguel Martínez del Arco, ha presentato a Madrid Memoria del frío (Hoja de lata, pp. 448, e. 22.90, prefazione di Edurne Portela), un poderoso romanzo-verità sulla storia della madre ispirato dalle cinquemila lettere che i genitori si scambiarono da carcere a carcere, e in cui trova ampio spazio la comunità di prigioniere pronte a creare, nel luogo in cui venivano umiliate, affamate, vessate, legami di sorellanza e mutuo appoggio, escogitando stratagemmi per comunicare con l’esterno, studiando e discutendo, condividendo ogni cosa. “Femministe, lo sapessero o no”, dice Miguel, che dedica il libro “Alla memoria di mia madre e delle sue amiche/compagne che hanno resistito al franchismo e ci hanno lasciato in eredità la capacità di ridere”. Perché oltre alla “disobbedienza, la ribellione, l’opposizione all’ordine esistente, la possibilità di migliorare, la cura, la lotta contro l’ignoranza e l’ingiustizia”, a connotare queste formidabili donne è stato lo sguardo verso il futuro, avendo “l’allegria come orizzonte”. Ricordare che tutto questo è davvero accaduto, al di là di una memoria ufficiale omissiva, stanca e imbalsamata, sembra oggi un dovere ineludibile, in una Spagna che (proprio come il nostro paese) non ha mai fatto i conti fino in fondo con il passato.

 

 

Questo articolo è apparso sul quotidiano Il manifesto nell’ottobre del 2021