Quando nel 1961 apparve il primo
libro di Osvaldo Reynoso, Los inocentes,
José Maria Arguedas scrisse che l’autore aveva creato uno stile nuovo per un
mondo nuovo: “il gergo popolare e l’alta poesia, che si rafforzano e si illuminano
a vicenda”. Con questi racconti brevi e
audaci, la letteratura peruviana si azzardava a tuffarsi per la prima volta
nella lingua di strada e nel gergo giovanile dei bassifondi, usati da un
maestro di stile che insieme a Miguel Gutiérrez,
altro scrittore di talento, ha creato negli anni ’60 Narración, un collettivo
letterario dalla forte connotazione politica.
E non c’è da meravigliarsi se all’entusiasmo di Arguedas per il debutto del giovane professore venuto dalla provincia (Reynoso è nato ad Arequipa nel 1931), che non nascondeva di essere omosessuale e comunista, si opponeva l’indignazione di quanti giudicavano “indecenti” quelle storie ambientate in una Lima sordida e marginale, sospesa fra tradizione e un’incalzante modernità e raccontata attraverso cinque adolescenti sottoproletari, antieroi che mescolano modelli di virilità vecchi e nuovi (il valiente col coltello in mano o il rocanrolero stile James Dean), e oscillano tra microcriminalità, violenza e prostituzione, conservando tuttavia sogni ingenui e una sostanziale innocenza.
E non c’è da meravigliarsi se all’entusiasmo di Arguedas per il debutto del giovane professore venuto dalla provincia (Reynoso è nato ad Arequipa nel 1931), che non nascondeva di essere omosessuale e comunista, si opponeva l’indignazione di quanti giudicavano “indecenti” quelle storie ambientate in una Lima sordida e marginale, sospesa fra tradizione e un’incalzante modernità e raccontata attraverso cinque adolescenti sottoproletari, antieroi che mescolano modelli di virilità vecchi e nuovi (il valiente col coltello in mano o il rocanrolero stile James Dean), e oscillano tra microcriminalità, violenza e prostituzione, conservando tuttavia sogni ingenui e una sostanziale innocenza.
Anche nelle opere successive, dal
magistrale En octubre no hay milagros
(di cui Vargas Llosa ha scritto “E’ un libro di una crudezza fredda e aspra,
come la realtà che lo ispira, e ha il grande merito – raro tra noi - dell’insolenza
e dell’ambizione”) a El escarabajo y el
hombre, En busca de Aladino e Los
eunucos inmortales – un romanzo sulla rivolta del 1989 a Pechino, dove
l’autore ha vissuto per dodici anni come traduttore e insegnante – Reynoso ha
confermato la sua doppia natura di scrittore che attraverso la prosa “fa poesia
in un altro modo”, e di grande interprete della realtà, letto con passione oggi
come ieri dai giovani peruviani. Non a caso Estruendomudo, il piccolo editore
che lo pubblica e che è tra i più raffinati ed innovativi non solo del Perù, ma
dell’America Latina, lo ha inserito in un catalogo dedicato quasi per intero
agli scrittori delle ultime generazioni. Peccato solo che lo schivo e
anticonformista Reynoso resti “il segreto meglio custodito” della letteratura
del suo paese, quasi sconosciuto all’estero. Un errore cui, forse, sarebbe ora
di rimediare.